FOOD NEWS N°13 - L' OLIO

18.04.2016

Un altro Food News in controtendenza anche questo, come il precedente, ma sinceramente l'argomento era troppo importante per non parlarne e poi comunque molto ancora si ignora sull'argomento, anche perché molto vasto di suo... Chiaro che tra gli oli - specie qui in Italia, in particolare e in tutti i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, in generale - è l'olio d'oliva che la fa da padrone incontrastato, ma ci sono oli che in ogni caso possono essere usati in alternativa, o in combinazione (vedremo più avanti) con l'olio d'oliva. Personalmente non ne faccio un grande uso (ma la mia è una scelta del tutto personale), per una serie di motivi. Il principale dei quali riguarda l'uso dei singoli semi (olive comprese) che è molto frequente nella mia alimentazione e nella maniera più variegata. Preferisco usare questi ultimi per ottenere gli stessi valori nutrizionali (ed anche molti di più, vedi l'ampio spettro di minerali ivi contenuti che agli oli viene generalmente a mancare per via del processo di produzione/raffinazione) e poi per la soddisfazione organolettica maggiore che ne ricavo. A me l'olio piace assumerlo a crudo, al limite sul pane, quello si. Mi piace valutarlo al palato con la dovuta accuratezza e quindi da qui si capisce che mi piacciono oli fruttati, carichi ed intensi...disperderlo ad es in un insalata - tra l'altro in un quantitativo minimale (per essere salutisticamente corretto) - mi sembrerebbe di non goderne appieno. Il mio consiglio a tal proposito è di dotarsi di un dispenser del tipo "a spruzzo" per dosarlo, in quanto esagerare è facile ed il quantitativo in kcal dell'olio - in generale - non è trascurabile. Senza contare il fatto che il condimento risulterà più uniforme. 

LA SCELTA DELL' OLIO - La scelta dell'olio da utilizzare in cucina è uno dei punti focali, merita quindi una particolare attenzione. Da un punto di vista calorico gli oli sono tutti equivalenti, con la canonica corrispondenza di 9 kcal per grammo, il burro invece ha un apporto calorico leggermente inferiore (7,6 kcal circa per grammo). È importante però considerare il loro comportamento e le loro proprietà per definire una strategia ottimale. Non tutti gli oli di semi sono nutrizionalmente positivi; per esempio l'olio di colza contiene l'acido erucico che si è dimostrato nocivo sugli animali (la sua percentuale non può superare il 5% negli oli di semi vari). Per scegliere l'olio migliore è necessario considerare:

• le proprietà salutistiche

• la degradazione degli oli
• il punto di fumo
• i processi di raffinazione

Riassumendo, in base alle conoscenze attuali sui punti precedenti: un olio è tanto migliore quanto più alta è la sua quantità di acidi grassi monoinsaturi, poiché i polinsaturi sono instabili e i saturi provocano un aumento della colesterolemia (ovvero, questi ultimi sono ammessi - salutisticamente parlando - ma con percentuali bassissime, in quanto necessarie, quantomeno per veicolare le lipoproteine).Questo punto è importante anche se sicuramente non decisivo. Gli oli raffinati o si degradano molto più rapidamente di quelli non raffinati o contengono antiossidanti (fra l'altro non specificati e spesso ignoti al consumatore) sospetti come il BHT e il BHA. Gli oli raffinati contengono quantità molto limitate di antiossidanti. Il punto di fumo di oli non raffinati è generalmente basso se si eccettua l'olio d'oliva extravergine. Il punto di fumo di oli raffinati è in genere alto. Gli oli raffinati possono avere una quota di grassi trans non trascurabile. Gli oli con un alto contenuto di polinsaturi sono molto facilmente ossidabili (ossidazione enzimatica e ossidazione chimica). Da questa breve carrellata si deduce che il miglior olio in assoluto da usare a freddo o per friggere è sicuramente l'olio extravergine d'oliva che:

• ha un'alta percentuale di monoinsaturi

• contiene antiossidanti naturali
• ha un punto di fumo compreso tra i 160 ed i 210 °C (raramente più alto)
• non ha grassi trans
• ha buona stabilità di conservazione

LA FRITTURA: SCEGLIERE L'OLIO - L'uso dell'olio in cucina è spesso (purtroppo) legato alla necessità di friggere i cibi. In realtà sarebbe più corretto parlare di: 

- frittura ad immersione (deep frying), con l'alimento immerso nell'olio (per esempio una frittura di calamari); 

- soffritto, con l'alimento immerso parzialmente (per esempio nelle verdure)

Per le considerazioni sul punto di fumo appare ragionevole:

1) scaldare l'olio il minor tempo possibile (è una pessima abitudine lasciar friggere l'olio mentre si è impegnati altrove in cucina o soffriggere per esempio le verdure a lungo e più del dovuto)

2) Non riusare l'olio di frittura (cosa purtroppo comune negli esercizi pubblici, pensiamo alle classiche patatine fritte)

Nonostante queste indicazioni, nel caso di frittura a immersione la scelta dell'olio è difficile. Infatti un olio raffinato ha un alto punto di fumo, ma è sicuramente poco stabile all'ossidazione se è ricco di polinsaturi (l'acroleina si forma dal glicerolo, non dall'acido grasso che si è staccato dal glicerolo, quindi non bisogna confondere il problema dell'acroleina con quello dell'ossidazione). Si potrebbe usare olio di palma raffinato che ha punto di fumo alto (240 °C), pochi polinsaturi (10% circa), ma circa il 45-50% di saturi. Poiché in genere non si conoscono i dettagli della raffinazione non si hanno informazioni sulla quota di grassi trans e sugli antiossidanti aggiunti. L'olio d'oliva extravergine ha un buon punto di fumo, ma non si può essere certi che sia superiore alle temperature usate: per esempio la temperatura di frittura potrebbe essere di 180 °C e il punto di fumo dell'olio extravergine usato essere di 160 °C. Si è pertanto di fronte a una innegabile difficoltà salutistica:

a) se si usano alte temperature, si devono usare oli raffinati;

b) se si vogliono usare oli non raffinati occorre controllare le temperature (impresa non facile!);
c) non ha pregio teorico il consiglio di limitare l'uso dei fritti. Friggere saltuariamente equivale al saggio consiglio di non friggere. 

In base alle considerazioni precedenti una buona scelta può essere: si usi prevalentemente olio extravergine d'oliva e per soffriggere solo olio d'oliva extravergine con controllo della temperatura. La frittura a immersione non è salutisticamente accettabile e deve essere limitata. In base anche a considerazioni economiche, gli oli di semi specifici (girasole, arachide, mais ecc.) si possono usare per condire (arricchendo la propria dieta di acidi grassi polinsaturi) e il burro può essere usato in tutti quei piatti in cui non viene portato ad alte temperature. Una buona strategia che vi consiglio per condire a crudo è farsi un mix di oli, in particolare di due tipi. In base allo studio da me fatto delle caratteristiche di ognuno, un buon mix potrebbe essere: 50% olio extravergine d'oliva biologico e spremuto a freddo + 50% di olio di lino anch'esso biologico (e con tutte le accortezze per l'acquisto di questo olio sotto descritte nell'apposito capitolo).

IL PUNTO DI FUMO - Cosa si intende con l'espressione "punto di fumo" ? - Se sottoponiamo un olio a un deciso innalzamento termico, per effetto della temperatura l'olio è prima idrolizzato in glicerolo e acidi grassi. La degradazione dell'olio avviene poi per trasformazione del glicerolo (con perdita di acqua) in acroleina (aldeide acrilica); tale fenomeno è visibile perché l'acroleina appare sotto forma di fumo che abbandona l'olio. La formazione di acroleina è tanto maggiore quanto più l'olio è ricco di acidi insaturi (più sensibili al calore) e determina il punto di fumo dell'olio in questione. L'acroleina è irritante per la mucosa gastrica e nociva per il fegato: la somministrazione di oli mantenuti al punto di fumo per due ore provoca un danno epatico facilmente riscontrabile. Si noti come il processo di formazione dell'acroleina sia a due stadi; qualunque fattore inibisca all'aumentare della temperatura la scissione dei trigliceridi in glicerolo e acidi grassi ritarda il secondo stadio con formazione di acroleina.

Un esempio: la chiarificazione del burro - Ciò che complica il discorso è che il punto di fumo può variare per piccoli dettagli. Per esempio il burro italiano che ha una notevole quantità d'acqua (è infatti meno calorico degli oli) ha un basso punto di fumo (130 °C) perché l'acqua facilita l'idrolisi degli acidi grassi che diventano così liberi. Il burro francese (che invece non contiene acqua) ha un punto di fumo molto più alto e quindi può essere usato per friggere. Nel caso si usi burro italiano si può chiarificare, eliminando l'acqua e innalzando il suo punto di fumo (che arriva fino a 200 °C e quindi può essere usato per friggere). Per chiarificarlo basta metterlo in un pentolino e farlo sciogliere a bagnomaria per circa 15 minuti, senza farlo bollire. Si formano degli agglomerati di materia bianca (in gran parte caseina) che vanno eliminati filtrando il tutto con un colino a trama fitta. Il burro raffreddato si conserva poi in frigorifero. Un altro nome con il quale si può trovare è la sua dicitura internazionale dovuta alla sua derivazione indiana: ghrta, ma si può anche dire usli ghee o, più semplicemente, ghee (si legge "ghi").

DA COSA DIPENDE IL PUNTO DI FUMO - In base a quanto detto, è molto importante conoscere il punto di fumo dell'olio che si va ad usare. È un grave errore scegliere un olio a caso in base a sole considerazioni organolettiche. Purtroppo le informazioni che circolano sono spesso inquinate da interessi commerciali o da errori grossolani (come quelle che parlano di punto di fumo dell'olio d'oliva di oltre 300 °C, forse per una banale confusione fra gradi Celsius e gradi Fahrenheit; la formula di conversione è GC=5/9*(GF-32), per esempio 113 °F corrispondono a 45 °C). Il punto di fumo dipende dal contenuto di acidi grassi liberi. Per esempio con un contenuto dello 0,04% il punto di fumo è di 220 °C, mentre con un contenuto dell'1% è di 160 °C. Poiché la raffinazione (come si vede, anche ciò che è negativo ha dei punti a suo favore!) elimina una buona parte degli acidi grassi liberi, gli oli non raffinati hanno punti di fumo decisamente più bassi.

COME CAMBIA IL PUNTO DI FUMO - Alcuni fattori possono cambiare nettamente il punto di fumo:

• la miscela di oli diversi

• la presenza di batteri
• la presenza di sale
• la durata del riscaldamento (il punto di fumo si abbassa)
• il numero di volte che l'olio è usato (il punto di fumo si abbassa)
• la conservazione dell'olio (ossigeno, luce, temperatura ecc.)
• dimensione e forma del recipiente di cottura (il punto di fumo si abbassa se la   padella di frittura è ampia)
• la presenza di acqua (come nel burro italiano; il punto di fumo si abbassa)
• la presenza di mono e digliceridi (il punto di fumo si abbassa)
• la presenza di acidi grassi liberi (il punto di fumo si abbassa)

Nelle tabelle che seguono sono elencati i punti di fumo degli oli più comuni. Punto di fumo dei grassi/oli raffinati più comuni:

Arachide 230

Avocado 270
Canapa 165
Canola 200-235
Cartamo 265
Cocco 175
Colza 225
Cotone 215
Girasole 225-245
Mais 230
Mandorla 220
Margarina 150
Nocciola 220
Noce 200
Oliva 190-240
Palma 240
Riso 230-255
Sesamo 215-230
Soia 230-240
Vinacciolo 245

Punto di fumo dei grassi/oli non raffinati più comuni:
Arachide 160
Burro non chiarificato 110-130
Burro chiarificato 180
Canola 110
Girasole 110
Lino 110
Mais 160
Noce 160
Oliva extravergine 160-210
Sesamo 175
Soia 160
Strutto 180-210

ALCUNI TIPI DI OLI

OLIO D'OLIVA: E' sicuramente uno dei capisaldi della cucina italiana. Ormai tutti dovrebbero conoscerne pregi e difetti (anche se...quanti sanno che 10 g d'olio equivalgono a 90 kcal, come 150 g di yogurt intero?), ma è opportuno riassumerne le caratteristiche principali. In base alla normativa europea (Reg. Ce 1989/2003), abbiamo la seguente tipologia (l'acidità è espressa in acido oleico libero):

Olio d'oliva extravergine, acidità non superiore allo 0,8%. Olio d'oliva vergine, acidità non superiore al 2%. Secondo il Reg. Ce 1019/2002, un olio vergine o extravergine d'oliva può avere le seguenti indicazioni:

- prima spremitura a freddo, se ottenuto a meno di 27 gradi centigradi con una prima spremitura meccanica della pasta d'olive (sistema di estrazione con presse idrauliche);

- estratto a freddo, se ottenuto a meno di 27 gradi centigradi con un processo di percolazione o di centrifugazione della pasta d'olive.

In entrambi i casi l'olio deve essere ottenuto a una temperatura inferiore a 27 gradi. Fondamentale è poi la temperatura di gramolazione (il mescolamento della pasta oleosa, che favorisce la separazione della fase liquida da quella solida, la sansa, che avverrà nella successiva fase di estrazione). Quanto più sono alte le temperature del processo (nonché i tempi) e tanto più peggiorano le caratteristiche chimiche (acidità, perossidi, polifenoli). L'indicazione prima spremitura è ormai superata: da decenni (da quando sono entrate in commercio le presse idrauliche da 600 atmosfere) non viene più eseguita una seconda spremitura. Inoltre l'estrazione a presse sembra destinata a essere soppiantata dalla centrifugazione perché la prima ha un maggior costo-uomo e necessita di un controllo molto preciso del processo. Di seguito i vari tipi di olio:

• Olio d'oliva vergine lampante. Acidità superiore al 2%. In genere commestibile solo se si abbassa l'acidità con processi chimici

• Olio d'oliva raffinato. Olio vergine ottenuto per raffinazione di oli d'oliva vergini e con acidità non superiore allo 0,3%
• Olio d'oliva. Olio d'oliva raffinato tagliato con oli d'oliva vergini, diversi dall'olio lampante, con acidità non superiore all' 1%
• Olio di sansa d'oliva greggio. Ottenuto dalle sanse d'oliva grazie a solventi.
• Olio di sansa d'oliva raffinato. Olio ottenuto dalla raffinazione dell'olio di sansa d'oliva greggio con acidità non superiore allo 0,3%
• Olio di sansa d'oliva. Olio di sansa d'oliva raffinato tagliato con oli d'oliva vergini, diversi dall'olio lampante, con acidità non superiore all' 1%

Olio di semi di arachide: Questo olio è estratto dai semi della pianta Arachis hypogaea della famiglia delle leguminose. Ha una composizione in acidi grassi simile a quella dell'olio d'oliva, poiché contiene molti acidi monoinsaturi e pochi polinsaturi. Questa caratteristica lo rende piuttosto stabile alle alte temperature, per questo motivo è adatto per friggere.

Olio di semi di girasole: È estratto dai semi di Helianthus annuus della famiglia delle Composite. La coltivazione del girasole è tipica dell'est europeo, ma negli ultimi anni si è estesa anche in Europa e in Italia. L'olio di semi di girasole contiene una percentuale molto elevata di grassi polinsaturi, in particolare l'acido linoleico (fino al 75%), e una notevole quantità di vitamina E (68 mg / 100 gr). Va facilmente incontro a irrancidimento a causa dell'elevato grado di insaturazione, quindi non è indicato per cucinare e friggere, e andrebbe conservato in frigorifero in bottiglie opache. Esistono oli di girasole ottenuti da piante geneticamente modificate che hanno un contenuto di acidi grassi modificato a favore di quelli monoinsaturi: vengono utilizzati per friggere, soprattutto nel Nord America, grazie alla maggior stabilità alle alte temperature.

Olio di semi di lino: È estratto dai semi della pianta Linum usitatissimum, molto utilizzata fino a qualche decennio fa per produrre capi di abbigliamento. A differenza degli altri oli vegetali, ricchi di grassi omega 6, l'olio di lino è molto ricco di acido linolenico, il capostipite dei grassi omega 3. Ne contiene fino al 58%: per soddisfare il fabbisogno giornaliero di grassi omega 3 ne bastano solamente 6 grammi al giorno! L'acido linolenico è il più delicato tra gli acidi grassi: si ossida molto facilmente e di conseguenza il processo di estrazione dell'olio di lino deve essere fatto accuratamente, possibilmente in assenza di aria e a temperatura controllata. Fino a qualche anno fa l'olio di lino spremuto a freddo veniva prodotto esclusivamente con il metodo Baglioni, a temperatura controllata, per lo più da piccole aziende biologiche. Ora che il consumo è aumentato le aziende più grandi hanno adottato metodi molto meno delicati nei confronti del prodotto, che viene portato a temperature molto più alte che possono ossidare l'acido linolenico. Inoltre quasi nessun produttore propone confezioni totalmente opache che proteggano l'olio dalla luce; nessun negoziante lo conserva in frigorifero per proteggerlo dalla temperatura. La probabilità di trovare un prodotto veramente fresco, quindi, è molto bassa. Consiglio quindi di evitare il consumo di olio di lino, a meno di non approvvigionarsi direttamente dal produttore, assicurandosi che utilizzi il metodo Baglioni e che conservi in frigorifero l'olio così prodotto. Il prodotto va conservato in frigorifero in bottiglie scure, e va consumato nel giro di qualche settimana. Ha un sapore caratteristico di noce, leggermente amarognolo. Quando irrancidisce prende un sapore sgradevole di pesce.

Olio di semi di mais: È estratto dai germi dei semi di Zea mais, una graminacea tipica del Nord America, coltivata anche in Italia. Ha una composizione simile a quello di girasole, molto ricco di acido linoleico e vitamina E.

Olio di semi di soia: Si ricava dai semi delle numerose varietà di soia, una leguminosa originaria dell'Asia. È un olio più completo poiché contiene entrambi gli acidi essenziali, linoleico (50% circa) e linolenico (8% circa). 20 grammi di olio di soia non raffinato soddisfano il fabbisogno giornaliero di entrambi i grassi essenziali. Anch'esso andrebbe conservato in frigorifero, in bottiglie opache.

Olio di semi di colza: Si ricava dai semi di Brassica napus oleifera e di Brassica campestris, della famiglia delle crucifere. L'olio che si ottiene contiene una notevole quantità di acido erucico, una sostanza che viene metabolizzata con difficoltà dal nostro organismo umano e che si accumula nei grassi del muscolo cardiaco, causando alterazioni. Come detto sopra, la legge impone che nell'olio di semi vari e nelle margarine non sia presente una quantità maggiore al 5% di acido erucico. Dato che l'acido erucico è di fatto un veleno per il nostro organismo, perché consentirne l'uso anche solo di una piccola percentuale? La risposta è di carattere economico: l'olio di colza costa poco e il suo uso è molto diffuso negli oli e grassi utilizzati dalle industrie alimentari.

Olio di semi di sesamo: È estratto dai semi di Sesamum indicum, è caratterizzato da una eguale percentuale di acido oleico e linoleico (40% circa). Ha un odore e un sapore caratteristici, viene utilizzato in molte preparazioni della cucina orientale.

OLI TROPICALI - Sono gli oli derivati dalla palma da cocco. Al contrario degli altri oli vegetali, tutti molto ricchi di grassi mono e polinsaturi, questi oli sono ricchissimi in grassi saturi, caratteristica peculiare dei grassi di origine animale. Non si trovano in vendita per uso alimentare, ma sono molto utilizzati dall'industria alimentare (sotto la dicitura "oli vegetali") poiché sono economici e consentono ai prodotti di durare a lungo, proprio grazie alla scarsa presenza di grassi insaturi. Sono molto utilizzati dai ristoranti come olio di frittura, per le ottime caratteristiche di stabilità, di cui spesso si abusa: gli alimenti fritti con l'olio di palma sono accettabili (dal punto di vista organolettico) anche dopo una settimana di utilizzo intensivo! I grassi saturi, come è risaputo, sono più dannosi per la salute del cuore e delle arterie rispetto ai mono e polinsaturi. In realtà solo i grassi saturi a catena lunga alzano in modo sensibile i valori di colesterolo nel sangue, non quelli a catena media: non tutti gli oli tropicali sono dannosi per le arterie!

Olio di palma: È estratto dal frutto della palma, Elaeis giuneensis, è caratterizzato da un notevole contenuto di grassi saturi a catena lunga, in particolare palmitico, lo stesso contenuto nel burro. È l'olio vegetale più "dannoso" per il cuore e le arterie, proprio a causa dei grassi saturi a catena lunga. 

Olio di palmisti: È estratto dai semi della palma, Elaeis giuneensis, anch'esso contiene molti grassi saturi ma a differenza dell'olio di palma questi sono a catena corta, soprattutto laurico e miristico, molto meno "dannosi" (sempre tra virgolette) per le arterie del palmitico.

Olio di cocco: È estratto dalla polpa delle noci di cocco, è ricchissimo in acidi grassi a catena media (MCT), e quindi, come l'olio di palmisti, non rappresenta un pericolo per il cuore e le arterie.

CURIOSITÀ (OLIO D'OLIVA) - Il maggior produttore mondiale di olio d'oliva è la Spagna con un milione di tonnellate, seguita dall'Italia con 450.000 e dalla Grecia con 360.000. L'Italia esporta il 40% circa della produzione (verso Stati Uniti, Germania, Giappone). Il Paese che consuma più olio è la Grecia (24 kg pro capite annui), seguito dall'Italia con dodici e dalla Spagna con dieci. Fra le varietà italiane si ricordano taggiasca e lavagnina (Liguria), frantoio (Toscana), casaliva (lago di Garda), carboncella e canino (Lazio), moraiolo (Umbria), gentile (Abruzzo), rotondella (Campania), ogliarola, cellina, coratina e cima (Puglia), carolea (Calabria), nocellara del Belice e bosana (isole).

IL COSTO (OLIO D'OLIVA) - Davvero arduo determinarlo in quanto la variabilità è enorme. Si va dai 3-4 € in su, ma è ragionevole pensare che un olio di qualità non può costare meno di 7-10 € al litro. Se poi consideriamo che, proprio come il vino, la variabilità del prezzo è data anche dalle varie annate oltre che dalle zone di produzione, si evince definitivamente che la complessità per valutarne il prezzo è giustamente alta.

 A questo punto non mi resta che augurarvi il mio solito...

Buon appetito!

© 2020 Stefano Donati, esperto in nutrizione. Ladispoli e Roma
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